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Spioni: gli stupratori della privacy
Spioni: gli stupratori della privacy
La chiamano sindrome dell’ ipersorveglianza, ma siamo onesti, si chiama sindrome dello spione! Eppure solo una manciata di anni fa, al tempo in cui noi che scriviamo giocavamo alla campana nel cortile della scuola, quando i compagni di gioco ti volevano punire e squalificare severamente gridavano in coro: spione/a, spione/a, spione/a!!! E’ talmente radicato e condiviso il principio della sacralità della vita privata della persona che lo sanno anche i bambini, tant’è che dal gennaio 2004 è entrata in vigore la legge sulla privacy. La vita privata del cittadino viene riconosciuta diritto, regolata e protetta dalle leggi dello stato. A fronte di tutto ciò si è riscontrato, però,... in parallelo e con andamento progressivo, una tendenza alla violazione e dissacrazione del privato e del personale. Rivelazione di cose private date in pasto ai media o addirittura spettacolarizzate in TV, foto e notizie personali che fanno il giro del mondo in rete, frequente esercizio di una presunta libertà di frugare nelle memorie dei cellulari e della posta elettronica altrui, senza dimenticare tutto il pacchetto di maxispionaggio esercitato per anni sulla vita privata di molti cittadini da parte di agenzie autorevoli, definendoli interventi per il bene della comunità, ma che spesso si rivelano soltanto strumenti di ricatto. L’essere umano si sta rivelando uno spione, amorale ed ossessivo, incollato dietro i buchi di “qualunque serratura” senza pudore e senza dignità. Una caratteristica umana indiscussa è che nessuno fa niente per niente, cosa che rende lecito chiedersi: ma qual è il tornaconto bramato in tale comportamento? Sul piano materiale, in molti casi, è lo squallido profitto economico (ricatto) che detto operare può comportare, ma l’appagamento saffico è ben più complesso e di ordine squisitamente psicologico. Lo spione come uno stupratore psichico entra abusivamente nei meandri del personale e del privato dove ruba dati e informazioni che poi usa per diffamare e ridicolizzare lo stuprato spogliandolo della dignità personale, del diritto alla riservatezza autorizzando così i consumatori, di dette informazioni, ad entrare ed uscire da padroni nella privacy del povero stuprato e calpestare ogni sua intima cosa. Detto contorto meccanismo consente allo spione, che si rivela un invidioso cronico, di sentirsi, per il tempo necessario a consumare l’abuso, un po’ meno scadente ed un po’ meno miserabile.
Dr.ssa Elisabetta vellone