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Il faticoso, ma possibile, cammino del cambiamento
Il faticoso, ma possibile, cammino del cambiamento
In attesa del quarto incontro con Maria è forse opportuno fare alcune considerazioni e riflessioni sul procedimento che stiamo seguendo. L’obiettivo che ci siamo posti in questa prima fase della terapia è quello stabilito dalla stessa : vorrei essere una persona normale e non stare così male.... La paziente lamenta un problema di vergogna ad oltranza che le impedisce di condurre una vita normale causandole disagi, sofferenza e soprattutto una continua autocritica negativa che si aggiunge ad aggrava il disagio di partenza definito: vergogna di se stessa. La nostra attenzione si è concentrata sul disagio emotivo –C- di vergogna lamentato dalla giovane; è stata quindi individuata la circostanza in cui detto disagio si manifesta –A- : “quando penso a me stessa”; si sono poi estrapolati i pensieri spontanei –B- della paziente relativamente alla “sua persona”. Forte di quanto premesso nella “teoria del funzionamento mentale” Maria è divenuta consapevole che le emozioni che si provano sono determinate esclusivamente da ciò che si pensa circa ciò che ci accade; è divenuta consapevole anche del fatto che siccome la nostra sofferenza è determinata da ciò che pensiamo allora per smettere di soffrire bisogna intervenire sui nostri stessi pensieri che evidentemente sono falsi e disfunzionali in quanto servono un nucleo doveristico (dovere) implicito. La P. è ora consapevole del fatto che non tutto quello che pensiamo, solo perché lo pensiamo, è anche vero e che è opportuno indagare su questo aspetto usando semplicemente il tridente: E’ VERO?; E’ FALSO?; PERCHE? .Maria ha metabolizzato che tutto ciò che è falso in ambito mentale non può essere ne positivo, ne funzionale ai principi universali di benessere e sopravvivenza della persona stessa . Ciò nonostante ella non è ancora in grado di autoprodursi il cambiamento ambito in quanto il “sapere” non significa “saper fare” e per di più gli automatismi mentali tendono a prevalere occorre pertanto realizzare un apprendimento della “messa in pratica” che, come tutti i processi di apprendimento, richiede piccole dosi di nuovo ripetute in maniera coerente fino alla realizzazione del nuovo nucleo cognitivo che sarà di tipo sano e funzionale e quindi promotore il benessere interiore. Per ciò che riguarda la disputa del pensiero spontaneo irrazionale e disfunzionale Maria è stata aiutata in seduta e successivamente le è stato chiesto di iniziare a farlo da sola, come compito a casa, durante l’intervallo delle sedute settimanali. Come si nota dalle trascrizioni delle sedute l’atteggiamento del terapeuta è costantemente posato sulle verbalizzazioni della P. allo scopo di intervenire ed evidenziare qualunque pensiero o convinzione o nucleo irrazionale che dovesse evidenziarsi. La P., anche se non le è stato chiesto nulla di specifico, al terzo incontro appariva meno rassegnata e adeguatamente collaborativa.
Dr,ssa Elisabetta Vellone
In attesa del quarto incontro con Maria è forse opportuno fare alcune considerazioni e riflessioni sul procedimento che stiamo seguendo. L’obiettivo che ci siamo posti in questa prima fase della terapia è quello stabilito dalla stessa : vorrei essere una persona normale e non stare così male.... La paziente lamenta un problema di vergogna ad oltranza che le impedisce di condurre una vita normale causandole disagi, sofferenza e soprattutto una continua autocritica negativa che si aggiunge ad aggrava il disagio di partenza definito: vergogna di se stessa. La nostra attenzione si è concentrata sul disagio emotivo –C- di vergogna lamentato dalla giovane; è stata quindi individuata la circostanza in cui detto disagio si manifesta –A- : “quando penso a me stessa”; si sono poi estrapolati i pensieri spontanei –B- della paziente relativamente alla “sua persona”. Forte di quanto premesso nella “teoria del funzionamento mentale” Maria è divenuta consapevole che le emozioni che si provano sono determinate esclusivamente da ciò che si pensa circa ciò che ci accade; è divenuta consapevole anche del fatto che siccome la nostra sofferenza è determinata da ciò che pensiamo allora per smettere di soffrire bisogna intervenire sui nostri stessi pensieri che evidentemente sono falsi e disfunzionali in quanto servono un nucleo doveristico (dovere) implicito. La P. è ora consapevole del fatto che non tutto quello che pensiamo, solo perché lo pensiamo, è anche vero e che è opportuno indagare su questo aspetto usando semplicemente il tridente: E’ VERO?; E’ FALSO?; PERCHE? .Maria ha metabolizzato che tutto ciò che è falso in ambito mentale non può essere ne positivo, ne funzionale ai principi universali di benessere e sopravvivenza della persona stessa . Ciò nonostante ella non è ancora in grado di autoprodursi il cambiamento ambito in quanto il “sapere” non significa “saper fare” e per di più gli automatismi mentali tendono a prevalere occorre pertanto realizzare un apprendimento della “messa in pratica” che, come tutti i processi di apprendimento, richiede piccole dosi di nuovo ripetute in maniera coerente fino alla realizzazione del nuovo nucleo cognitivo che sarà di tipo sano e funzionale e quindi promotore il benessere interiore. Per ciò che riguarda la disputa del pensiero spontaneo irrazionale e disfunzionale Maria è stata aiutata in seduta e successivamente le è stato chiesto di iniziare a farlo da sola, come compito a casa, durante l’intervallo delle sedute settimanali. Come si nota dalle trascrizioni delle sedute l’atteggiamento del terapeuta è costantemente posato sulle verbalizzazioni della P. allo scopo di intervenire ed evidenziare qualunque pensiero o convinzione o nucleo irrazionale che dovesse evidenziarsi. La P., anche se non le è stato chiesto nulla di specifico, al terzo incontro appariva meno rassegnata e adeguatamente collaborativa.
Dr,ssa Elisabetta Vellone