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i figli: le vere vittime della separazione di coppia
I figli:
le vere vittime della separazione coniugale
I genitori separandi o divorziandi, nella maggior parte dei casi, ignorano il dramma esistenziale che travolge la prole e le inevitabili conseguenze psicologiche scaturenti dal fatto che la coppia entra in crisi e poi decide la separazione uccidendo quel nucleo famigliare fonte di linfa vitale per i figli. Sempre più spesso, alla domanda di rito: come l’hanno presa i ragazzi? ... Essi, con toni perentori, ribattono: un giorno capiranno! si abitueranno! Se invece si tratta di bimbi fino a due anni l’atteggiamento è addirittura molto sereno del tipo: menomale che sono piccoli e non capiscono! Quanta ignoranza, quanta immaturità e quanta incoscienza ha generato questa nostra cultura dell’Ego rozzo e dell’apparire! Gli adulti, troppo spesso, non sanno che la capacità di un bambino di percepire la qualità dell’affettività che li circonda è praticamente totale, essi percepiscono tutta la più intima verità emotiva delle figure di riferimento. Quanta povertà di sentimenti e carenza di sensibilità in questa nostra epoca. Il genitore che per definizione dovrebbe essere il luogo dell’amore gratuito, della consolazione, del conforto ed anche luogo di ogni certezza, per un sempre crescente numero di ragazzi, ragazzini e fanciulli rappresenta invece una severa fonte di dolore, causa di traumi, di nevrosi e di devianza giovanile. I danni psicologici che riguardano i giovani e giovanissimi che perdono la famiglia vanno sempre considerati come fenomeni unici e personalissimi , poiché unico è ogni essere umano ed ogni sua esperienza. Ciò nonostante, distinguiamo delle categorie classiche di danni alla psiche formanda in relazione all’età e alla fase di sviluppo che è in corso di svolgimento. Dette fasi evolutive in sintesi si distinguono in: fase dell’egocentrismo e del rapporto simbiotico (dalla nascita fino a 3/4 mesi); fase orale ( da 3/4 mesi fino ad un anno; fase di attaccamento (attiva in tutta l’esperienza primaria); fase anale (da 1 anno e 1,5 -2 e fino a 3 ); fase genitale e prima fase fallica (dai 3 ai 4-4,5 di età); fase edipica (dai 3 ai sei anni c.ca); fase di latenza ( da 6 agli 8-9 anni ). Le esperienze traumatiche relative agli anni dello sviluppo primario, compreso nei primi 6/7 anni di vita, non essendoci ancora un IO ben strutturato ed essendo l’esperienza del soggetto gestita soprattutto dall’intelligenza emotiva, a causa del dolore che generano nella tenera psiche, generalmente danno luogo ad una fissazione(mentale) e successiva regressione ad uno stadio di sviluppo precedente, quello risultato per il soggetto più appagante ( un es. di regressione: il ragazzino/a che improvvisamente dopo anni riprende a ciucciarsi il pollice – comportamento tipico della fase orale). Quando l’esperienza è traumatica la mente si fissa nello stadio evolutivo in corso ristagnando ad oltranza in quella fase dinamica, questa, paragonabile al fenomeno del disco rotto che emette sempre lo stesso suono. Ovviamente tutta l’attività psichica del soggetto ne risulta compromessa e gli sforzi di adattamento che elaborerà saranno comunque inquinati dai nuclei nevrotici e delle carenze varie di cui è portatore. Allo scopo di suscitare propositive riflessioni elencheremo una breve sintesi dei problemi psicologici e comportamentali dovuti a traumi emotivi, subiti in età di formazione, i quali impedendo l’emancipazione della psiche alla fase successiva hanno dato luogo al meccanismo di difesa qual è la regressione da cui: una regressione alla prima fase orale può, nel corso della vita, attivare problemi di schizofrenia mentre se riguarda la seconda fase orale può dar luogo a depressioni, morbosità varie, ipocondria, comportamento dipendente ed esibizionismo; una regressione psicologica alla fase anale può dar luogo a comportamenti sado/maso, ossessioni, pedanteria, avarizia, tirchieria; la regressione alla fase genitale/fallica può dar luogo nel tempo ad isteria, perversioni omosessuali, disturbi della potenza, frigidità, carattere isterico; il mancato superamento della fase edipica può provocare nel bambino fobie e perversioni; un trauma nella fase di latenza può comportare anoressia e bulimia. Ci rendiamo conto come quanto detto possa risultare difficilmente esauriente, ma siamo convinti che sicuramente è sufficiente ad attivare il dono del dubbio, della riflessione e del senso di responsabilità in ogni genitore di buona volontà.Dr.ssa Elisabetta Vellone