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Il trauma nel bambino abusato 2^ parte
Tornando al fenomeno dell’abuso, dopo quanto premesso, è forse più facile comprendere l’effetto devastante di detta esperienza nella psiche formanda. Se la violenza è subita entro i primi 4/5 anni di età, poiché il piccolo non è in grado di razionalizzare gli elementi della realtà, la sua esperienza sarà tutta squisitamente emotiva nel senso che percepirà unicamente, sotto forma di frequenze e vibrazioni che vanno da inconscio a inconscio, la qualità dei sentimenti del suo abusante, tutta la violenza in essi contenuta e la drammatica assenza di amore e rispetto per la sua persona. In questi soggetti il bisogno di amore, cure e coccole (bisogni primari) viene stravolto e non è escluso che elaborino con il tempo una vera e propria fobia dei rapporti affettivi (paura di amare). Come anticipato sopra le dinamiche dell’egocentrismo infantile obbligano la psiche a stabilire che è lui che è sbagliato e non meritevole di amore e di considerazione; come detto, data l’età, essendo l’abuso un’esperienza formante la vittima costruirà se stesso come incapace di amare, nel senso canonico del termine, e dedito a subire violenze; negli occhi di questi bambini non splende mai la luce della purezza e della gioiosità caratteristica che resterà immutata per il resto della vita.
Nel caso invece dell’esperienza fatta oltre i sei anni, quando si è ormai realizzato un buon senso della realtà, l’evoluzione nefasta può assumere diversi risvolti. Il bambino si rende conto che accade qualcosa di sbagliato, che non si dovrebbe fare, ma tace perché ammonito a non parlarne con nessuno dietro minacce e intimidazioni, spesso viene corrotto con regali e piccoli favori. Quando l’abuso è ad opera del gruppo di appartenenza o dei pari la vittima viene costretta con la scusa del gioco e dei ruoli a turni alterni a compiacere i soggetti dominanti confondendo il loro interesse per prova di affetto e considerazione della sua persona. L’uomo è un animale che si abitua a tutto; anche l’abusato si abitua alla sua tortura e man mano che se ne fa una ragione si rilassa e magari arriva il giorno che “prova piacere” in quel ruolo a quel punto il dato è tratto: il bambino/a elabora che hanno avuto ragione a fargli fare quelle certe cose, perché è lui che è difettoso e sbagliato, è diverso. Da quel momento la sua psiche lavorerà per resettarsi e reimpostare una nuova identità di genere in perenne conflitto con l’identità biologica convinto o convinta di esserci nato/a in quel certo, indefinito modo.
Segue 3^ parete Dr.ssa Elisabetta Vellone