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Dimmi che vacanza fai e ti dirò chi sei
Hai finito le vacanze, dove sei stata/o di bello? Quest’anno moltissime persone eviterebbero volentieri di sentirsi porre questa domanda, sono quelle rimaste in città, le quali si sentono come penalizzate dalla rinuncia, ma soprattutto se ne sentono responsabili come se fosse il segno di una squalifica personale. Le grandi città italiane nel mese di agosto sono risultate .. popolate e le numerose attività commerciali rimaste aperte hanno rafforzato la sensazione di un periodo estivo qualunque. Escludendo quella piccola percentuale di “paperoni” vaccinati da piccoli contro il buon senso e l’umanità, anche quelli che alla vacanza non hanno rinunciato si sono, comunque, moderati e ridimensionati per gli ovvi motivi imposti dalla crisi non solo economica.
A proposito di crisi non solo economica riteniamo congruo posare la nostra attenzione sul significato e la funzione psicologica della vacanza. Generalmente il fenomeno in questione viene definito come un periodo di riposo di una certa ampiezza previsto per chi lavora e chi studia, con riferimento alle ferie estive o in coincidenza delle festività, riposo scaturente dal temporaneo stacco mentale dal ruolo sociale prevalente. E’ opportuno sapere che in tutti i ruoli ricoperti dalla persona opera subdola e indisturbata una componente doveristica (devo lavorare; devo studiare; devo occuparmi della casa; insomma devo … devo sempre qualcosa) responsabile di una sottile tensione mentale che potremmo definire distress. Per distress intendiamo una sorta di intossicazione psicologiga scaturente da un lavoro mentale a vuoto cioè quello che non realizza appagamento (se un soggetto pensa che DEVE lavorare, studiare ecc., implicitamente da per scontato che vorrebbe non farlo; la presunta frustrazione di libertà di scelta produce quella tensione di cui sopra ovvero il distress).
Nella moderna cultura rozza, superficiale e materialistica specializzata a sfornare generazioni di scontenti, nevrotici e violenti e per nulla attenta al vero bene della persona, non sembra esserci spazio per usare l’intelligenza secondo gli scopi per cui ci è stata donata, nello specifico basterebbe far notare alla persona che tutto quello che fa “sceglie di farlo”, poiché si può sempre scegliere di non farlo e quindi, se prende coscienza di ciò, avrebbe tutti i motivi per godere della sua libera scelta invece di torturarsi ogni giorno come se stesse ai lavori forzati.
Premesso ciò torniamo a considerare il significato e la funzione della vacanza. Le ferie o il tempo libero trascorsi nell’ambiente in cui si vive non sono considerati vacanza, perché essa sia tale deve essere sostanziata da uno spostamento fisico temporaneo in direzione di mari, montagne, turismo culturale, avventura ed altri. La scelta del tipo di vacanza non è casuale, ma neanche razionale, poiché nei limiti del possibile è dettata da motivazioni inconsce sconosciute allo stesso soggetto che le attua. E’ proprio nella platea temporanea della vacanza che spuntano magicamente i vari personaggi/ombra che finalmente possono risanare (o ci provano) il proprio bilancio emotivo ed ecco che: l’accentratore, dirigente, super impegnato diventa docile, accondiscendente e gregario nel gruppo; il timido, frustrato e introverso diventa accentratore, organizzatore, animatore; il bisognoso di affetto diventa esibizionista, sfrontato, disinvolto; il soggetto controllato e spartano diventa disinibito, sregolato, esagerato. Evitiamo di citare tutti i possibili personaggi/ombra in cerca di platea certi che non sarà difficile per il lettore proseguire autonomamente. Il banco di prova, del’esito della manovra inconscia, sarà la faccia del vacanziere al rientro, se appare raggiante e soddisfatto il suo personaggio ombra si è appagato, se invece appare nervoso e contrariato il suo ombra ha mancato il palcoscenico. Dopo quanto fin qui considerato è opportuno e doveroso interrogarsi su chi abbiamo conosciuto in vacanza.
Dr.ssa Elisabetta Vellone