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Lavoro: aumentano i precari
Chi, come noi, si occupa di salute mentale e guarda il mondo da un’ottica psicologistica non può non provare profonda tristezza pensando a quel 12% di italiani con lavoro precario con doveroso interesse al loro stato emotivo e le loro condizioni psicologiche. E’ noto che “precario” sta per: provvisorio, di incerta durata, malsicuro, non stabile; è altrettanto noto che l’uomo, come nessun’altra forma di vita, ha bisogno di certezze per pianificare e realizzare il proprio equilibrio psico emotivo, per attivarsi ed esprimersi al meglio nel suo essere: pensiero/emozione/azione. La condizione di precarietà costituisce una sfida severa per l’integrità psichica quale esperienza capace di inibire e vanificare le più prestigiose risorse mentali evocando nel soggetto il senso di impotenza. Il senso di impotenza svilisce la persona ai suoi stessi occhi, la rende arrendevole e la induce al ritiro, alla rinuncia e all’abbandono.
L’uomo che si sente impotente smette di lottare, smette di impegnarsi e di coinvolgersi nelle cose, smette di difendersi, smette di amare e di ricevere amore in qualche modo è un essere rassegnato in un corpo standby. In alcuni casi, però, al senso di impotenza si può reagire con rabbia e allora un sentimento di vendetta inizia a farsi spazio nella mente già disagiata specialmente se trattasi di un individuo con degli impegni assunti in precedenza nel corso della vita, se ha una famiglia da mantenere, una casa, dei bambini; oppure se è un giovane nella sua fase di espansione che si vede bocciato ogni suo progetto e avverte la sensazione che la vita lo ha tradito.
L’uomo arrabbiato è come una bomba innescata, è capace di tutto, e generalmente qualunque sia la sua scelta giustiziera tutto quello che ottiene è aumentare il suo danno ed il suo disagio.
Dr.ssa Elisabetta Vellone