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Il caso di Pietro: ansia da prestazione
Pietro (nome convenzionale) 17 anni, ci contatta telefonicamente esordendo nel seguente modo: dottoressa il suo numero me l’ha dato un amico che la conosce, perché io ho bisogno di aiuto per un problema che ho con le ragazze.
In seduta il giovane appare moderatamente ansioso e dichiara di vergognarsi un po’ dovendo parlare del suo problema. Sintetizzando egli riferisce di avere...
difficoltà “erigendi” quando è in intimità con la sua ragazza e che anche con le altre due precedenti accadeva la stessa cosa precisando, però, che quando “si serve da solo” non ha nessuna difficoltà.
Abbiamo chiesto a Pietro cosa pensa di se, a proposito del fenomeno descritto ed egli ha prontamente affermato di pensare di se: “non sono in grado”, “c’è qualcosa in me che non va”. Gli abbiamo chiesto se per caso si sente malato, ma lui precisa che più che malato si sente difettoso, non in grado. Abbiamo allora domandato se ci sono state, nel suo passato, altre circostanze in cui si è sentito allo stesso modo, cioè difettoso e non in grado ed egli ci ha elencato una serie di circostanze che definisce ricordi brutti e spiacevoli: alle elementari quando i compagni ridevano di me e mi prendevano in giro perché non sapevo fare certi giochi; una volta che la maestra ha alzato il mio quaderno mostrando a tutti le orecchie sulle pagine e tutta la classe è scoppiata a ridere e poi mi chiamavano orecchione; alle medie quando alla recita di fine anno ho dimenticato le parole, mi sono bloccato e il professore mi disse che non era affatto sorpreso; e poi quella volta all’asilo: ero rimasto l’ultimo in classe e mia madre non arrivava, temevo che si fosse dimenticata di me e all’improvviso me la sono fatta sotto ed ero tutto bagnato e impietrito dalla paura, le maestre si misero a ridere e il bidello, mentre asciugava il pavimento, mi disse che ero grande e mi dovevo vergognare di farmela ancora sotto.
Abbiamo chiesto al giovane quale, di tutti gli episodi descritti è quello che ora gli fa più male rievocandolo ed egli ha risposto che sicuramente è quello dell’asilo. L’ipotesi di lavoro è stata quella del disturbo postraumatico da stress concretizzatosi in disturbo della risposta sessuale (impotenza erigendi).Si è proceduto alla desensibilizzazioni basata sull’elaborazione dell’esperienza traumatizzante e, a distanza di ottanta giorni, il ragazzo ha riferito di aver avuto un rapporto intimo soddisfacente.
La storia del disagio di Pietro è quella che si può definire un classico dell’ansia da prestazione. E’ opportuno tenere presente in questo caso l’età del piccolo che in sede di evento traumatizzante è di c.ca 5 anni. Nei primi dieci anni di vita è in pieno corso l’edificazione dell’identità personale, della stimabilità di se e l’dea della propria potenza, l’esperienza di in’adeguatezza sperimentata dal piccolo Pietro si è tradotta in elemento psicologico autodescrittivo di altissimo valore emotivo/negativo inducendo la sua psiche ad utilizzarlo come caratteristica personale. Da quella data, a quel nucleo disfunzionale di partenza, si sono andate sommando tutte le esperienze successive dello stesso tenore dando luogo ad uno schema di risposta disfunzionale ( nevrotico: non sono in grado; ho qualcosa che non va) che si attiva tutte le volte che il soggetto è chiamato a dar prova di se alimentando un circolo vizioso lo stesso definito “problema” dal soggetto interessato.
Dr.ssa Elisabetta Vellone