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Lavoro: le pagine buie della crisi dell’uomo
I tre piani considerati denunciano implicitamente una deficienza che si sostanzia nella povertà o assenza di valori portanti condizione che, sfociando naturalmente in un’assenza di sane regole, da luogo all’inevitabile stato di confusione alla base di ogni forma di crisi. Ogni mercato economico e finanziario non può prescindere dalla sua componente essenziale ed insostituibile qual è quella del lavoro dell’uomo. Ma il lavoro, espressione sostanziale dell’azione creativa ed espressiva dell’individuo e dell’intero sistema, è stato spodestato e non più considerato valore portante e con esso tutte le sane regole ed i principi che lo descrivevano. Nel mondo del lavoro la degenerazione, l’incapacità e l’inciviltà hanno velocemente generato le più basse forme di prestazioni umane contribuendo allo stato di crisi generale. I crimini perpetuati sotto le false spoglie di attività lavorativa sono pressoché incalcolabili; i grandi malfattori si esprimono con peculato, appropriazioni indebite, imbrogli, truffe, sperperi, falsi raggiri, stragi, disastri ambientali, ricatti; i piccoli malfattori con incapacità, azioni delinquenziali, mancanza di stile, non curanza, superficialità, menefreghismo, ma la matrice rimane la stessa.
Sul piano morale si osserva un crescente fenomeno di depravazione, di sfrontatezza, di volgarità, assenza di autocontrollo, di dignità, di rispetto, di pudore dove l’egoismo e il basso piacere del “qui ed ora” sembrano diventati l’unico scopo. Sul piano della fede e del credo religioso si percepisce un’inquietante buio difficile da descrivere, ma facilmente percepibile dallo stile di vita dominante e dalle tante azioni malvagie fino alla morte violenta che gli esseri sanno infliggere ai propri simili.
L’uomo sta perdendo il lume della ragione. La vita non è più un valore indiscutibile, la famiglia è un ente smembrato e confuso, i genitori una opportunità da sfruttare al massimo, il prossimo, se non produce vantaggi è, un essere irritante e fastidioso da maltrattare, l’amicizia è ridotta ad un contatto ibrido, la dignità personale è confusa con la notorietà, il lavoro, nel migliore dei casi, un requisito per ottenere lo stipendio, l’amore è sostitutito dalla bramosia. Dio, quando non è negato totalmente, è relegato nel suo dubbio Regno e sempre più sfrontatamente escluso da qualsiasi forma di contatto e di riferimento. L’uomo sta perdendo il dono dell’amore e con esso la sua capacità di amare.
Dr.ssa Elisabetta Vellone