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“Il lavoro” per dare un senso alla vita
Poche altre condizioni intime sono penose come quella dell’oziare; non avere nulla che aspetta di essere compiuto tramite noi. L’uomo è vita e la vita è azione; trovarsi nella condizione di non avere, o non potere, fare nulla, come ad esempio, quella di chi non ha lavoro, equivale a vivere un’esistenza a rischio dove ai primi posti si vede schierato quello di una crisi di identità.
E’ proprio nell’azione, ed in particolare nell’azione sociale, che la vita ripone le migliori conferme e le migliori esperienze emotive per l’individuo, poiché la natura sociale dell’uomo trova la massima pienezza nella relazione e la reciprocità. Il lavoro, come è ben documentato nella storia dell’uomo, risulta la migliore forma di azione sociale non solo in termini di appagamento personale multidimensionale, ma anche come formula indiscussa di sviluppo, crescita ed evoluzione di un intero popolo.
La crisi del lavoro in essere, oltre agli ovvi disagi pratici di sopravvivenza, sta mettendo a dura prova le relazioni fra gli individui, le quali risultano sempre più aride e difficili privando la persona di quel bene prezioso che in esse si dovrebbe generare: senso di appartenenza, confronto, conferme reciproche, consensi, segali di amicizia, lealtà ecc. ovvero la possibilità di vivere quei sentimenti positivi capaci di riempire di senso la vita di ogni singolo.
Al contempo, in forma inversamente proporzionale, aumenta l’isolamento, la chiusura, la solitudine e , a livello personale, il senso di in’utilità e il non senso dell’esistenza. E’ lapalissiano come in queste situazioni le promesse fatte, e mantenute, dai vizi trovino un terreno fertile e ancor più fertile se trattasi di giovani disoccupati o alla ricerca di un primo lavoro. C’è bisogno di lavoro per riempire di senso e di buon senso la nostra vita!
Dr.ssa Elisabetta Vellone