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Alimentazione e giovani atleti
si evidenziano sotto forma di maturazione adeguata all’età cronologica, alla capacità affettiva, di impegno e senso di responsabilità, doti queste che scaturiscono dall’eredità di uno stile educativo sano , coerente, centrato sul criterio del vero bene della persona.
In tutte le prestazioni personali, ed in particolare in quelle sportive, lo stato di armonia e di corrispondenza fra corpo e mente si basa sul naturale appagamento tra bisogni fisici e mentali intendendo per bisogno la conditio sine qua non . Fin dai tempi antichissimi la scienza dell’alimentazione venne applicata allo sport quindi, in termini fisici, è assodato che l’apporto adeguato di sostanze nutritive basato su una alimentazione responsabile consenta e promuova lo stato di salute del corpo atletico; mentre, per quanto concerne i bisogni mentali escludendo il settore professionisti affermati, regna ancora una tendenza all’improvvisazione spontanea che affannosamente corrisponda alla fame di stimoli positivi caratterizzante la mente giovanile.
Per legge di natura l’attività mentale tende a regolare, in cicli reiteranti, moltissime azioni del corpo e della psiche (il ciclo del sonno; il ciclo della fame; quello della massima efficienza soggettiva ecc.) l’azione mentale della ciclicizzazione dei comportamenti consiste nella automatizzazione dei medesimi aumentandone così la velocità di esecuzione, la padronanza e la disinvoltura del soggetto nonché il senso di sicurezza personale grazie all’ordine mentale che si realizza e che comunemente definiamo abitudini. Le quali, come rito o rituale personale che attraverso la celebrazione quotidiana riaffermano il mito personale dell’esistere (io sono, io sono importante).
E’ consequenziale in questa cornice contemplare il comportamento alimentare del giovane atleta come un rituale personale, positivo o negativo, di altissimo tenore emotivo ed affettivo. Nella storia dell’uomo l’atto del mangiare ha sempre fatto da cornice agli eventi importanti del singolo, ma anche della vita di comunità in quanto in questo si celebra ogni volta il rito della vita in essere.
Tornando ai bisogni della mente ed alla sua fame di stimoli, in riferimento alle abitudini alimentari dei tanti ragazzi che praticano lo sport, non possiamo ignorare come troppo spesso questi giovani atleti, cui si chiede sistematicamente di impegnarsi, di emergere e di vincere, vengano poi frustrati nell’appagamento di quei bisogni di base che vanno a ledere ed oscurare il mito personale in termini di “ io non sono importante per te”. Ragazzi e ragazzini sempre di corsa fra la scuola, i compiti, lo sport che spesso non hanno il tempo di mangiare o lo fanno fugacemente durante il tragitto oppure vorrebbero farlo, ma hanno dimenticato di portarlo con se; e quando dette situazioni costituiscono l’andamento abitudinario nel quotidiano non solo la mente, ma anche il corpo va in sofferenza e le prestazioni tendono a scadere, innescando dei circoli viziosi dove diventa difficile comprendere se il giovane “non va” perché non c’è la testa oppure se non c'è la testa perché il giovane non va.
A tale proposito è opportuno sottolineare l’opportunità per il genitore di rimanere centrato nel suo ruolo di padre e di madre, già pregno di oneri ed onori da non sottovalutare, e non trasformarsi in un giudice di velocità sulla pista dell’esistenza dei propri ragazzi.
Dr.ssa Elisabetta Vellone