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La dislessia Quinta parte
Riteniamo doveroso a questo punto considerare un fenomeno delicato e importante, riguardo al bambino dislessico, che indubbiamente diventa il suo primo problema, poiché il piccolo si trova nella fase di sviluppo relativa alla formazione dell’IO e della identità personale.
Si tratta del trattamento iniquo che subisce basato su ingiustizie, torti, umiliazioni che generalmente riceve prima in famiglia e poi in ambito scolastico. Ci riferiamo a quell’atteggiamento che percepisce nei propri confronti come fosse un piccolo marziano imperfetto. Quante volte si sente dire: deficiente! O sente che comunque gli altri lo pensano di sé. Poi, ad un certo punto, inizia la processione delle indagini, gli esami, le visite con l’aggravante dei volti spenti che lo circondano e i compagni spietati che non perdono occasione per chiamarlo somaro, deficiente.
Si crea facilmente una certa atmosfera di lutto intorno al dislessico anche perché il genitore si sente come punito per quel figlio difettoso, ma finalmente si profila un’alternativa, in quanto abbiamo ragione di credere, grazie agli studi condotti in merito, che il bambino dislessico abbia solo un diverso modo di apprendere e quindi di poter pensare che questi potrebbe essere dotato di uno stato di coscienza superiore che, i così detti soggetti normali, non riescono ancora a comprendere e cioè che la dislessia è un talento percettivo e non una imperfezione.
In molti ci hanno chiesto se “l’iperattività”, senza la presenza di altri disturbi dell’apprendimento, si debba considerare una forma di dislessia. A tale proposito è opportuno distinguere le possibili diverse cause dell’iperattività. Nella matrice dislessica il bambino appare iperattivo in quanto la sua attenzione è rivolta a tutto l’ambiente che lo circonda il quale viene percepito come elemento unico, ma tridimensionale (in evoluzione) che ovviamente attrae la sua attenzione.
Altra possibile causa del comportamento iperattivo è l’ansia che impedisce al piccolo di concentrarsi, di interessarsi alla lezione e di stare tranquillo, perché assillato da paure (ansia) che lo tormentano. Ad esempio pensiamo al bambino che teme che nessuno andrà a prenderlo all’uscita da scuola, o al piccolo che teme che mamma o papà potrebbero andar via e lasciarlo solo, poiché li sente spesso litigare e insultarsi a vicenda, oppure a quello che teme le rappresaglie di quel compagno cattivo che gli fa dispetti, lo picchia e lo minaccia o, ancora, al bambino trascurato in casa un po’ esibizionista che ha come unico scopo quello di farsi notare per avere conferma che esiste.
Segue Dr.ssa Elisabetta vellone