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Lavoro: i danni della “separazione “
Dopo Sodoma e Gomorra, il nostro tempo, si sta conquistando il titolo di “periodo più buio nella storia dell’uomo”; un buio insediato nell’animo umano che progressivamente induce la persona ad isolarsi, imbruttirsi e impoverirsi sotto ogni punto di vista.
L’odio, l’invidia, la rivalità, la gelosia, il disprezzo la diffidenza, la slealtà, l’egoismo più basso sono i sintomi che meglio evincono in questo percorso involutivo. Nonostante la nostra indiscutibile natura sociale - veniamo al mondo e sopravviviamo grazie ad altri esseri umani- ora si è costretti a prendere atto che l’essere umano non è capace di formare/formarsi una coscienza sociale e di convivere col suo prossimo, ma anzi ripudia sostanzialmente ogni forma di sana convivenza e cooperazione. Dai nuclei sociali più piccoli fino a quelli di grandi dimensioni, tutti documentano un’epidemia di amoralità e anaffettività. La famiglia trascura, abbandona e spesso violenta i propri piccoli; la coppia si usa, si tradisce, si abbandona, si offende reciprocamente; i vicini di casa dopo anni di condivisione dei medesimi spazi ancora abbassano lo sguardo a fanno finta di non conoscere il proprio vicino; gli organi di governo abusano sfacciatamente del loro potere per arricchirsi e sopraffare il prossimo alimentando la cultura della diffidenza e dell’egoismo. Il pianeta pullula di fatti che confermano lo stato di agonia della capacita di convivenza umana. Gli atti di terrorismo, le stragi, il dilagante fenomeno della giustizia “fai da te”, gli abusi sui bambini, sugli handicappati, sugli anziani; le frodi alimentari, la violenza spicciola che si respira ogni giorno. Tutto conferma l’incapacità umana di una sana e proficua convivenza con i propri simili. Nel mondo del lavoro, con la crisi occupazionale, la ripresa affannosa e la povertà ristagnante sulla pelle di una decina di milioni di anime, realtà che produce solo reazioni da dati statistici e che pochi leggono come un problema umano e sociale di tutti, il fenomeno dell’individualismo e dell’asocialità sembrano trovare terreno sempre più fertile: a parte l’ormai famoso fenomeno del mobbing e lo sfruttamento dei bisognosi, la rivalità, le gelosie e le scorrettezze dei così detti compagni di lavoro, sembrano ormai essere divenuti un classico: tutti contro tutti inseguendo vantaggi, carriera e benessere. Gli stessi in’evitabili contatti di lavoro, ormai suppliti dai velocissimi scambi telematici, sembrano archetipi culturali: le persone iniziano collaborazioni e poi le smettono, spesso, senza aver mai conosciuto il proprio interlocutore. L’uomo sempre più individualista e sempre più estraneo al suo stesso mondo, probabilmente, non potrà andare molto lontano. La nostra può anche sembrare una visione catastrofica, ma è noto che dalla” crepa alla frana” è solo una questione di tempo.
Dr.ssa Elisabetta Vellone