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ridateci l'eredità dei padri
Psicologicamente parlando la formazione dell’individuo corrisponde alla risultante di un lento inesorabile processo evolutivo di apprendimento formativo, personalizzato, dell’IO e del SE. Processo che non si limita alla raccolta ed alla elaborazione delle informazioni contenute nei messaggi verbali e negli esempi comportamentali, ma che sconfina oltre il cosciente andando a metabolizzare elementi preconsci ed inconsci appartenenti ai modelli adulti cui il formando fa riferimento.
Un tempo, quando l’uomo era più rozzo e meno acculturato, non si poneva il problema dell’educazione formativa del giovane, tutto era spontaneo e naturale, il giovane sulle orme delle figure genitoriali formava la sua coscienza e la sua identità. La bassa cultura, spesso l’analfabetismo, non impedivano la trasmissione dei valori, dei principi, delle regole e la formazione della coscienza relativamente ai criteri del bene e del male.
L’espansione della coscienza personale era indubbiamente inferiore, ma l’equilibrio e la saluta mentale era una realtà propria alla maggioranza degli individui. L’uomo/donna era forte nell’IO e nel SE poiché edificava la sua identità sui valori che diventavano la base personale portante e tutta la sua vita era colorata e motivata dalla difesa di essi, degli ideali e dall’impegno a dimostrare lo spessore della propria interiorità.
L’allievo naturalmente si evolveva in maestro e le lezioni di vita risultavano di prassi affascinanti e pregne di contenuti. L’uomo più rozzo e più ignorante non temeva, non conosceva lo stress, la noia e l’apatia ogni creatura era fiera protagonista della propria esistenza. Fra gli storici valori umani si annoverano: il lavoro, la patria, l’onore personale, la famiglia, l’amicizia ed altri; la vita improntata sul riconoscimento e la difesa di essi consentiva esperienza di fierezza del se, orgoglio personale, orgoglio di appartenenza alla vita degli altri, conferme sociali ed una forte coscienza di gruppo che escludeva il fantasma della solitudine.
Pensando al lavoro, in quanto valore di primissimo piano, i giovani apprendevano con fierezza ed entusiasmo le arti e i mestieri dei padri con l’implicito, segreto desiderio di superarli in capacità e bravura, ereditare dai padri era legge naturale e la voglia di imitazione ed emulazione si avvertiva già nella fanciullezza. Attualmente attraversiamo una crisi economica e la prospettiva dei giovani e dei disoccupati di trovare un lavoro è al quanto remota, però non prendiamo in giro noi stessi, perché il lavoro ci sarebbe, ma si tratta del lavoro “di fatica” roba da extracomunitari pertanto considerato squalificante e degradante.
I padri contemporanei non sono più maestri dei loro figli, non hanno più nulla da insegnare, si sono eclissati hanno abolito i vecchi valori, hanno abbandonato il compito educativo e perso il senso di responsabilità lasciandosi dietro un gran vuoto triste e pericoloso, quel vuoto che sappiamo attanaglia molti giovani.
La forza giovane è una energia solo teorica poiché i più sono ansiosi, privi di valori, sfiduciati, poco propositivi, propensi allo sballo per sopravvivere, emarginati ed abbandonati da un sistema sociale incapace e delirante che come un burattinaio diabolico istiga la persona a perdersi o perseguire chimere quali: belli, giovani, liberi e con tanti soldi in tasca.
Dove sono i nostri cari vecchi maestri? Quelli che amavano la vita ed insegnavano l’amore contenuto nei nobili intenti, nelle azione e nei sentimenti, quelli che comunicavano energia ed affidabilità? Quelli che per un giovane erano consolazione e ristoro? Qualcuno ci ha rubato la speranza: ridateci l’eredità dei padri, perchè è un diritto umano!
Dott.ssa Elisabetta Vellone