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Le guerre dei nani sulle tribune
Per il rispetto che portiamo a tutte le persone caratterizzate da nanismo fisico ci sembra doveroso precisare che l’uso del termine contenuto nel titolo intende descrivere una presunta malattia mentale che chiameremo: nanismo psichico; indicando con esso una condizione mentale caratterizzata dalla incapacità di crescere,
di evolversi e maturare fino a realizzare lo stato di “essere adulto” capace, maturo e responsabile.
E’ indubbio che uno dei ruoli più nobili, dei quali può essere investita la persona, è quello di educatore; formare un figlio, un allievo, un giovane è un ruolo che rende costui maestro e coproduttore della storia dell’umanità.
Nelle pagine attuali di detta storia, e già da diversi capitoli, nonostante la vantata civilizzazione ed il presunto stato di popolo evoluto si osserva sempre più frequentemente il dilagare di una epidemia a carico della dimensione evolutiva umana quale quella del nanismo psichico.
Per le caratteristiche sopra esplicitate il fenomeno comporta la riduzione progressiva della distanza, in termini di sviluppo ed età mentale, fra adulti e bambini tale che i giovani sono pericolosamente sollecitati a comportarsi da adulti mentre questi ultimi, incoscientemente, manifestano tratti caratteriali, emotivi e comportamentali tipici del bambino e dell’adolescente.
Prova ne sono sia la crescente impotenza e confusione manifestata dall’adulto in tema di educazione dei figli, sia la pressante tendenza, da parte di bambini e ragazzi, ad emulare comportamenti adulti quali ad esempio: il linguaggio trasgressivo e volgare, l’attenzione morbosa all’immagine estetica, la sensibilità ai soldi facili e al successo, il sesso precoce, il fumo e lo sballo, l’assunzione di alcool, la richiesta crescente di libertà, la distanza emotiva dal nucleo familiare ed altre simili.
Uno specchio sul quale si riflette il succo di tale scenario sono ad esempio le tribune del tennis.
Non di rado sui campi da tennis si osservano bambini istrionici non ancora decenni programmati per vincere essi giocano, giocano, giocano e vincono mantenendo la promessa di portare a casa il baluardo “del campione” per la gioia di mamma e papà; poi arriva l’età preadolescenziale e il gioco si fa più duro, gli istrioni sono tanti e “la testa”, fra le problematiche dello sviluppo, le pressioni del branco e le attese immodificate del genitore, vacilla e l’istrione non vince più.
Anche la famiglia istrionica inizia a vacillare: i sorrisi diminuiscono e inizia l’ansia isterica con i sermoni, le sollecitazioni, i richiami al/alla piccolo atleta; si accusa il maestro o l’intero circolo sportivo in sostanza un responsabile da lapidare occorre trovarlo.
Parallelamente anche il giovane istrione con le piume cadenti cerca un responsabile e lo cerca spaziando fra se stesso/a e il maestro oppure in qualche presenza negativa che gli/le porta “sfiga” e a volte quel qualcuno è proprio mamma o papà: da quando sei entrato/a non ho fatto più un punto.
Come sempre tutti i nodi arrivano al pettine! La disfunzione si manifesta e tutti stanno male.
Se l’educatore diventa imprenditore, negando al giovane quel il tessuto di linfa vitale necessario a promuovere la solidità dell’Io e la certezza del proprio valore personale, della propria amabilità avallando la libera espressione delle proprie potenzialità, allora le “guerre dei nani “saranno una costante ed i caduti sempre più numerosi.
Dott.ssa Elisabetta Vellone