senso esperienza incontro parte bambini scuola persona essere sociale fenomeno molto propri nostra giorno nostro mentale capacità crisi genitore anche quando delle lavoro persone psiche figli condizione dello personale mente nella giovani possibile tutti famiglia tempo società altri proprio prima propria cookie mondo grande Lavoro soprattutto umano stato umana sempre
la povertà dissacra e inaridisce
Indubbiamente l’uomo è in quanto esiste e rappresenta la forma più nobile di vita in essere, ma la sua identità personale e sociale, per edificarsi e manifestarsi, necessita dell’ausilio dello scambio “in relazione al prossimo”.
Tutta la vita dell’uomo è definibile un percorso che si conferma “in relazione”. Nelle varie forme di della quale si racchiude l’esigenza di confermare ed essere confermati nella ricerca continua di dare significato, valore e direzione al nostro agire e al nostro esistere.
Nel lavoro, quale spazio eccellente in termini di conferme personali, l’uomo realizza la migliore traccia di se stesso, ma anche l’opportunità di espandersi oltre il SE divenendo essere sociale ovvero creatura che appartiene al mondo, lo stesso mondo che sente appartenergli.
Le tendenze sociali, gli usi, i costumi, le consuetudini, i riti vari in cui l’uomo si identifica e si esprime, costituiscono lo spazio per celebrare il sano, naturale diritto al piacevole ed al bello. Ogni rito sociale, in quanto prova e conferma, di raggruppamento motivato da sentimento di appartenenza reciproca, è definibile sacro, poiché è solo nell’aggregazione e nell’appartenersi che l’uomo si completa, diventa migliore e più forte.
In questi anni di crisi economica , morale e valoriale gli ambiti sociali si sono scollati come affetti da una amnesia selettiva: i benestanti racchiusi nel loro piccolo mondo pieno e i disagiati, vittime della crisi, chiusi nel loro altrettanto piccolo mondo vuoto.
I riti sociali e culturali negati dallo stato di povertà diventano riti di casta mortificando il senso di appartenenza; e così il disagiato, il disoccupato, l’impoverito sente sfaldare la sua dignità. Egli non può celebrare il piacevole e il bello, perché non ha potere, non ha mezzi e non ha chance.
Il suo scrigno di riti sacri si svuota: partendo dal diritto ad un lavoro dignitoso, il diritto di crearsi una famiglia, il diritto ad una autonomia abitativa, il diritto al riposo e lo svago, il diritto a mettere sotto l’albero balocchi per i propri cari.
Il sistema sociale si separa e si rinnega come fece Pilato: “cosa ci posso fare io!” la dissacrazione dei simboli comuni comporta separazione, inimicizia, rabbia e inaridimento quindi fragilità e vulnerabilità con possibile sopravvento selvaggio degli istinti più bassi come dimostrano da tempo i fatti quotidiani di cui nessuno può sentirsi orgoglioso o totalmente estraneo.
Dr.ssa Elisabetta Vellone.