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Le radici del dramma umano del terzo millennio
Il genere umano di questa nostra epoca si sta rivelando un essere sempre più solo, triste, rabbioso e sempre insoddisfatto; privo di allegria, di entusiasmo e di senso di appartenenza.
La visione del futuro intesa come proiezione del SE con capacità progettuale si è talmente ridotta e smagliata che a volte non supera l’anno in corso. Tutto è precario, tutto è immediato e dannatamente veloce.
La Deprivazione Affettiva che ha progressivamente infettato la psiche e i rapporti umani ha reso l’individuo un essere disadattato estraneo a se stesso e al proprio mondo, invidioso, diffidente, possessivo, egoista e violento.
Le istituzioni, nessuna esclusa, non sono certo da meno, in quanto nelle mani di eguali soggetti con l’aggravante della detenzione del potere, stanno letteralmente esasperando l’individuo il quale sentendosi sfruttato, abbandonato, strozzato, senza futuro e senza dignità lo rendono un animale selvatico capace di tutto come dimostrato dai vergognosi, innumerevoli eventi quotidiani.
La persona, ormai nemica di se stessa in quanto incapace di operare per il proprio vero bene, è divenuta nemica del proprio figlio, della propria madre, del proprio padre, del cosi detto amico, del proprio partner; tutti cloni del dottor jekyll e mister haid, ma questo è definito il prezzo del progresso.
L’umo in quanto creatura emotiva, razionale e spirituale non può mutare la propria natura anche se ne è fortemente tentato. E, la sua natura pone al primo posto la dimensione emotiva tant’è che questa governa l’essere ancor prima della sua nascita; ciò a spiegazione dell’esigenza di emozionarsi e vibrare delle proprie emozioni, ma data la deprivazione affettiva di cui sopra non resta che lo sconfinamento nell’universo emotivo negativo.
Ed ecco come cellulare incollato sulle dita si cercano conferme in un mondo virtuale e poi le droghe ed i voli negli abissi, l’alcool ancor prima di mettere tutti i denti, il sesso estremo fino alle soglie della morte, la violenza sessuale sui bambini, la incapacità di accettare un abbandono, il gusto di torturare e dare gratuitamente la morte ad un simile, l’astio fra il genere maschile e quello femminile, la perdita di identità di genere, la perdita della fede, il bullismo, la violenza assassina di fronte ad un dissenso, la bramosia dell’arricchimento facile, la malvagia nei confronti dei più deboli, la depressione e la scelta della morte come soluzione ad una vita frustrante e impossibile.
Con quale coraggio si può definire progresso questo dramma epocale?
Dott.ssa Elisabetta Vellone