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A proposito di paradossi: è nato prima l’uovo o prima la gallina?
Nell’attuale atmosfera planetaria di caos generale documentato da indiscutibili svariati sintomi di crisi e malesseri vari, per quanto ci concerne, oltre a quella del nostro amato “lavoro”, se ne possono annoverare diverse altre.
La categoria che detiene il primato in tal senso è sicuramente quella relativa alle istituzioni;
le quali partendo dalla cellula famiglia, in un crescendo progressivo, interessa quasi tutti i vari piani sociali sfociando nelle istituzioni politiche e governative.
Il nostro sistema sociale è in crisi e pertanto non in grado di assolvere alle proprie funzioni fra le quali la cura, la protezione e la formazione dei giovani azioni queste propedeutiche alla crescita, al sano sviluppo ed al benessere collettivo e individuale al tempo stesso.
Detto ciò va precisato che, comunque, ogni fenomeno e ogni dimensione del sociale scaturiscono dall’azione umana di conseguenza, citando un famoso detto popolare, “ogni popolazione ha il sistema sociale che si merita”.
Questo comporta il dover spostare l’angolo di osservazione dal sociale al singolo cittadino ovvero l’uomo. E, proprio questi il punto dolenz: l’uomo è in crisi. Interroghiamoci dunque su questo paradosso: l’uomo è in crisi perché è in crisi il sistema sociale o il sistema sociale è in crisi a causa della crisi dell’uomo?
L’attuale essere umano ha smesso di crescere ed evolversi, si è imbrutito, ha smesso di usare la propria intelligenza ed il buon senso per fronteggiare la vita, ha perso ogni forma di saggezza e capacità di coerenza, sempre più spesso si dimostra in balìa dei propri istinti, disperato, fragile e vulnerabile, rabbioso o depresso. Negli ultimi decenni si sono triplicati i consumi di psicofarmaci; oltre il 25 per cento dei cittadini accusa un problema di depressione mentre i comportamenti rabbiosi, ostili, aggressivi e violenti sono ormai prassi quotidiana.
Come intervenire su questo nefasto malessere generale che evince prepotentemente in forma lesiva ed auto lesiva? Senza voler fare retorica l’unico intervento sano ed a carattere multi riparatorio è proprio il ripristino del diritto al lavoro; smettiamola di ingozzare le persone di psicofarmaci marchiandoli come individui difettosi.
Solo la certezza del lavoro è in grado di risolvere le varie sfaccettature della maxicrisi che va da quella psicologica a quella istituzionale a quella economica; il lavoro risolve il problema del pane quotidiano, ma anche quello del “companatico”, restituisce alla persona il senso di adeguatezza e di potenza, restituisce l’ottimismo e la fiducia nel futuro, l’affidabilità delle istituzioni e del prossimo, il senso di appartenenza, restituisce la voglia di progettare, di creare una famiglia, restituisce l’identità sociale e il piacere di rispettare le regole.
La certezza del lavoro restituisce all’uomo la sua dignità e la coscienza civile.
C’è, però da considerare un secondo paradosso: come fanno a ritenere prioritari i problemi della disoccupazione, della precarietà e della crisi dell’uomo se i soggetti deputati a farlo la disoccupazione, la precarietà e conseguente crisi interiore non le hanno mai conosciute grazie alle posizioni privilegiate di cui godono?
Dr.ssa Elisabetta Vellone