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Buon senso e Dignità
Sarebbe opportuno che nessun ambito sociale fosse penalizzato dalla carenza di “Buon senso e Dignità”, per il bene di tutti. L’essere umano ha risorse incredibili che lo rendono capace di sopportare qualunque difficoltà se come persona si sente considerato e rispettato. Nel mondo del lavoro in particolare, il valore della persona è spesso determinato dal suo potere o assenza di potere detta manovra, assumendo valore di negazione implicita del Se, è responsabile di piccoli e grandi attriti relazionali.
Un giorno scrissi al nostro Presidente del Consiglio chiedendo udienza per proporre un’idea. L’idea consisteva nel suggerimento di istituire un nuovo Ministero con una particolare competenza quella relativa alla componente emotivo/affettiva della vita dei cittadini e proposi anche un titolo: Ministero del Buon senso e della Dignità. Non ottenni ne udienza, ne alcuna risposta, ma resto dell’idea che urge prendere coscienza del grande disagio da sentimenti negativi che regna in molti ambiti del nostro quotidiano: dall’intimo della persona, ai nuclei famigliari, agli ambienti di lavoro, gli ambienti della formazione e dello studio quasi ovunque. Le persone accusano un alto tasso di sofferenza contemporaneamente ad una certa rassegnazione passiva e tendenza all’aggressività. Il valore della dignità personale e il prezioso buon senso stanno per essere abrogati al prezzo di una sensazione soggettiva, ampiamente diffusa, di solitudine, mancanza di protezione, autosvalutazione e sensazione di ostilità dell’ambiente circostante. Le azione dell’uomo sempre più raramente sono dettate da detto buon senso – o senso del buono- delle cose. Si sono rotti i freni e tutto sembra diventato lecito, basta guardarsi intorno o seguire la cronaca per avere conferma di ciò, ognuno si riconosce la libertà di fare qualunque cosa, qualunque sopruso senza alcuna dignità, senza remore aumentando il clima generale di sfiducia, pericolo e precarietà. L’educazione sembra un valore fuori moda o una “roba da sfigati” In questa società caratterizzata da un andamento da “corsa ad ostacoli” sembra non esserci spazio per tutti solo quelli più attrezzati, i più spietati, i più caparbi e più spregiudicati restano in corsa, gli altri si perdono, si ritirano comunque non interessano a nessuno. Il mondo del lavoro con le sue rivoluzionarie trasformazioni, con l’aggravante della crisi economica e la scorporazione dei veri valori della vita, produce un’alta percentuale di soggetti a rischio poiché pervasi ed afflitti da grandi disagi interiori e disorientamento. La nostra è una società fondata sul lavoro ,ma il diritto al lavoro risulta stanco e un pò scollato dalla figura dell’essere adulto in età da lavorativa; se non si ha cura del lavoratore che è innanzitutto una persona”, ma anche icona della società e cultura di appartenenza, non si può guardare in nessuna direzione con ottimismo e fiducia. Il mondo del lavoro è il luogo in cui l’energia umana si traduce in opera e non a caso il lavoro è il perno intorno al quale ruota la storia e l’evoluzione dell’umanità e di ogni singolo individuo. E’ davvero opportuno riflettere sulla logica ferrea di certi fenomeni che in questo caso si traduce nel principio: quel che si semina si raccoglie.
Elisabetta Vellone